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Restauro

Il Laboratorio di restauro svolge attività diretta di restauro, formazione e ricerca finalizzata allo studio dell’evoluzione delle tecniche di esecuzione dei manufatti archivistici e librari, alla definizione dello stato di conservazione e dei conseguenti metodi e materiali di intervento. Opera inoltre, in collaborazione con i laboratori scientifici, per la realizzazione di soluzioni e procedure di intervento a carattere sperimentale.

Collabora con importanti istituzioni nazionali e internazionali per la messa a punto di materiali per la conservazione, interventi di restauro su opere che rivestono importanza storico/culturale e complessità esecutiva, si occupa inoltre, di formare di personale specializzato in ambito internazionale.

Collabora con la Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio come supporto tecnico scientifico per il controllo dei progetti esecutivi.

Progetto validazione carta Hanji

Progetto Biblioteca Hertziana (PIC)

Progetto Artemidoro

Progetto Leonardo sperimentazione e restauro Codice sul volo e 13 disegni

Grandi progetti esecutivi

Emergenza sisma

Alcuni esempi di restauri:

Libro Sacro, Sidra, proveniente da Qaraqosh: Il Libro Sacro di Qaraqosh è un manoscritto liturgico miniato, di provenienza siro-cattolica, che prende il nome dalla città iraquena in cui è stato ritrovato. Si tratta di un volume databile tra il XIV e il XV secolo costituito da 116 carte recanti un testo in aramaico con caratteri siriaci in nero e rosso e una legatura con piatti in legno e coperta in cuoio. Il volume era stato nascosto da alcuni sacerdoti in un sottoscala della canonica della cattedrale dell’Immacolata Concezione a Qaraqosh per salvaguardarlo dell’arrivo dei terroristi dell’ISIS, che occuparono la città dal luglio 2014 al novembre 2016.

Durante l’occupazione, la città di Qaraqosh fu distrutta e le sue chiese sopperirono alla furia iconoclasta dei terroristi. Con la riconquista militare della città, il manoscritto, gravemente danneggiato, venne consegnato dall’Arcivescovo di Mosul ai volontari della Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana (FOCSIV) e, grazie agli accordi con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, affidato alle cure dei restauratori dell’Istituto Centrale per la Patologia degli Archivi e del Libro. Il volume è stato quindi sottoposto ad accurate indagini diagnostiche e ad un restauro complesso e minuzioso per il quale ci si è avvalsi di consulenze e contributi professionali differenti e che ha anche comportato l’utilizzo di metodologie e materiali innovativi. Al termine del restauro, durato circa due anni, il manoscritto è stato riconsegnato nel marzo 2021 da Papa Francesco, in occasione della visita in Iraq, all’ Arcivescovo di Mosul.

Qui il video realizzato dal Mic: https://youtu.be/VuLpponu4O0

Mosè Maimonide, La guida dei perplessi – Codice Norsa: Il Codice Norsa è una delle copie miniate della traduzione ebraica della Guida dei perplessi del medico e filosofo ebreo Mosheh ben Maimon, detto Maimonide. Si tratta dell’opera più significativa e più celebre della filosofia ebraica medievale, originariamente composta in lingua araba alla fine del XII secolo e successivamente tradotta in ebraico. Il Codice, prodotto in ambito ebraico-askenazita, venne realizzato da Yahaqov ben Rabbi Shemuhel nel 1349, al tempo della Peste nera e delle persecuzioni antiebraiche che ne derivarono, e fu acquistato nel 1513 da Mosheh di Netan’el Norsa, collezionista ed esponentente della eminente famiglia mantovana alla quale il volume è appartenuto per più di 500 anni.

Il manoscritto rappresenta un unicum per via delle miniature a tutta pagina in perfetto stile gotico che introducono alla lettura dell’opera e ne illustrano compiutamente il contenuto filosofico e teologico. In seguito dell’acquisizione tramite acquisto coattivo da parte della Direzione generale Archivi del Ministero per i beni e le attività culturali il codice è giunto in ICPAL per essere sottoposto a intervento di restauro. L’Istituto ha eseguito sull’opera le indagini conoscitive di tutte le sue componenti materiche e ha concretizzato un progetto di restauro peculiare che mantenesse in equilibrio sia le esigenze storiche che quelle conservative del volume.

Codice sul volo di Leonardo: il nome del codice è dovuto all’argomento dei testi e dei disegni. La stesura del testo sembra risalire all’anno 1505. Nel taccuino si trovano alcuni disegni a sanguigna realizzati prima del testo, che in alcuni casi vengono coperti da questo, e in altri sono lasciati visibili scrivendo lungo il perimetro dello schizzo. Il Codice consta di 18 carte; la coperta, in cartoncino di pasta straccio, presenta sulla prima e quarta di copertina annotazioni di varia natura come la preparazione dei pigmenti o la lista della spesa. Il percorso complesso del Codice tra eredità, sottrazioni, cessioni, espoliazioni e vendita dei singoli fogli ci ha permesso di seguire, anche se in modo discontinuo, il suo cammino e di affrontare l’intervento conservativo nel pieno rispetto della storicizzazione  di tutte le sue componenti materiche.

Papiro di Artemidoro: la storia di questo celebre papiro raccoglie la controversia sull’autenticità del documento. Questo fu venduto nel 2004 dal mercante d’arte egiziano Serop Simonian gallerista di origine armena trapiantato ad Amburgo, alla Fondazione per l’Arte e la Cultura della Compagnia San Paolo di Torino. Non è compito dell’Istituto entrare nella questione dell’autenticità o meno del manufatto ma sicuramente l’intero intervento, scientifico e conservativo, ha rappresentato una sfida sia per la complessità dell’intervento sia per la sua futura valorizzazione.

L’intervento di restauro eseguito sul Papiro di Artemidoro ha rappresentato un’occasione unica di studio del materiale papiraceo, di confronto con metodologie conservative impiegate in passato e di valorizzazione di questa tipologia di manufatti.

Quando si tratta di intervenire su oggetti di tale complessità (storica e materiale) l’approccio multidisciplinare risulta fondamentale per il raggiungimento di un miglior risultato, i dati forniti dalle indagini scientifiche hanno permesso di investigare a fondo la materia portando alla luce nuovi interrogativi, il dibattito con gli storici/papirologi  ha consentito una migliore comprensione delle vicende storiche che hanno riguardato il papiro, così come l’identificazione di particolari di difficile individuazione; mentre il confronto tra restauratori ha permesso l’individuazione delle metodologie più idonee per questo caso studio.

Volume pop-up ‘Astrologia’ di Ottavio Pisani: volume di formato atlantico, conservato presso la Biblioteca Casanatense di Roma, stampato ad Antwerp (Anversa) nel 1613. Si tratta di un’opera pop-up che riporta i dispositivi mobili utili alle ricerche astrologiche e astronomiche. La copia in restauro è una delle due esistenti in Italia (l’altra, colorata, si trova a Firenze nella biblioteca del Museo Galileo Galilei) e rappresenta un nuovo campo d’interesse per l’Istituto che per la prima volta affronta un volume con queste caratteristiche. Tra volvellae e puntatori ci si muove per trovare il sistema più adatto di intervenire sui delicati dispositivi mobili e farli funzionare nuovamente. Il restauro di questo esemplare è stato inserito nel Convegno sui Pop-Up organizzato dalla Fondazione Tancredi di Barolo a Torino per la fine di febbraio 2020 e poi spostato a data da destinarsi per il problema del coronavirus.

Progetto Bad Arolsen- ITS (International Tracing Service): nell’ottobre 2015, a seguito di contatti intercorsi fra l’Icpal e l’ITS, è stato effettuato un sopralluogo a Bad Arolsen nella sede tedesca degli Archivi nazisti che ha dato l’avvio al progetto di collaborazione fra le due istituzioni. In quella occasione, furono sottoposti ad una prima analisi faldoni e registri rappresentativi delle problematiche presenti negli Archivi tedeschi, affinché si selezionasse una ridotta quantità di documentazione da far analizzare in Istituto. Scopo del progetto era quello di esaminare i diversi aspetti materici che compongono la documentazione selezionata, esemplificativa di quella conservata a Bad Arolsen, per proporre, se necessario, eventuali trattamenti conservativi diversi da quelli cui sono sottoposti i documenti in Germania o per verificare la correttezza e l’efficacia dei prodotti e delle procedure eseguite e, infine, per intervenire con i necessari restauri  in un programma di lavoro dal titolo “Un progetto di restauro”.

L’Archivio di Bad Arolsen conserva 30 milioni di singoli documenti, comprensivi di microfilm, filmati e circa 2800 oggetti personali degli internati e rappresenta la memoria tangibile di quanto avvenuto nei campi di concentramento durante il periodo nazista.